sabato 13 febbraio 2010

Allergizziamoci!

Esiste la paura diffusa che gli OGM causino allergie e lo facciano in modo subdolo.
Uno mangia un bel panino vegetariano e, zacchete, ci trova dentro un allergene della sogliola. Addenti una bella pasta di Meliga e, apriti cielo, c’è dentro un allergene della soia, uno dei crostacei e uno del latte.
Insomma, il pasto diventa, a causa degli OGM, un percorso ad ostacoli, in cui rischi ad ogni morso uno shock anafilattico. Il chè non è bello, visto che ci si possono lasciare le penne.



Ma le cose stanno veramente così o come nel caso del Morgellon, son tutte leggende metropolitane?


Che si dice in giro?

Circolano in giro storie di ignari consumatori che hanno sofferto reazioni allergiche a causa di OGM: di gente allergica alla noce brasiliana che ha avuto uno shock mangiando soia GM. Gente che mangiandosi un Tacos messicano ha avuto una reazione a causa della presenza di mais GM Starlink (di cui avevamo già parlato qui).

Insomma viene da chiedersi: quanti morti e quanti feriti (e quanto sangue sparso a terra...) avranno ormai causato gli OGM?

Tranquillizzatevi. In quasi 15 anni di utilizzo: Zero (0) morti e Zero (0) feriti.


Davvero????

Sì, innanzitutto perchè la normativa attuale (che, ripetiamo non è che ci piaccia un granchè a motivo delle sue forti contraddizioni) prevede (almeno in questo caso giustamente) che sia, obbligatoriamente, predisposta una verifica preventiva del potenziale allergenico tramite test.


Il caso della Soia con un gene della noce brasialiana

Questi test hanno ad esempio permesso, nel già citato caso soia/noce brasiliana, di comprendere che l'albumina 2S, inserita nella soia per migliorarne il contenuto in metionina, era anche uno dei principali allergeni della noce brasiliana.

NB: Tutto questo PRIMA della sua commercializzazione!

Infatti estratti di soia con albumina 2s (come anche l’albumina purificata) risultarono capaci di legare le IgE del siero di individui allergici, e causare una risposta (skin-prick test) in 3 individui (volontari) esaminati nello studio. Il progetto finì lì, prima ancora di venir seminato un solo campo sperimentale. Nessun morto o ferito, nessun consumatore ignaro esposto al "pericolo".

Qui potete trovare la pubblicazione originale
nella quale vi pregheremmo di notare 2 cose:

1) la data: Marzo 1996. Nel 1996 si ha l'inizio della commerciazzazione su larga scala di OGM con la soia Round-up Ready. Quindi questa pubblicazione viene mandata alla rivista prima che gli OGM diventino una realtà significativa dell'agricoltura mondiale, indice che fin dalle origini i prodotti GM venivano testati in modo rigoroso e adeguato.

2) lo sponsor dello studio: "Supported by a grant from Pioneer Hi-Bred International, Inc.". Beh, abbastanza onesta e trasparente per essere una multinazionale.


Altri test preventivi

Se il gene non deriva da un organismo che causa allergie, viene comunque analizzato il suo prodotto per verificarne le caratteristiche di “potenziale allergene”.

I sistemi sono dibattuti e i criteri sono diversi, spesso spannometricamente eccessivi, a seconda del paese in cui si sottomette il dossier per l’approvazione, ma ad esempio si valuta:

a) Se esiste almeno un octapeptide con 6 residui conservati su 8 rispetto a un allergene.

b) Se la sequenza proteica condivide il 35% di identità su un segmento di 80 aminoacidi con un allergene.

c) Allineamento complessivo della sequenza con quella di allergeni, in pratica una variante del metodo precedente.

Se uno dei test bioinformatici sopra descritti (e in particolare il secondo) è positivo, bisogna dimostrare che la proteina non causi una reazione allergica, cosa complicata e in genere costosa perchè la prova di un negativo è sempre più difficile della confutazione di un’affermazione positiva.

Una volta che una proteina venga identificata come potenzialmente allergenica sulla base della similitudine di sequenza, vengono considerati anche i seguenti criteri:

d) il test di stabilità alla digestione con tripsina. Se la proteina viene degradata velocemente, allora la proteina ha un rischio ridotto di poter fungere da allergene.

e) l’abbondanza del potenziale allergene nella dieta. Se non è una proteina abbondante, allora ha poche probabilità di essere un allergene.

I criteri di similitudine oggi in uso (a-c) sono considerati da molti come eccessivi. Perchè adottare allora criteri così stringenti?

In generale i responsabili delle normative tendono a commettere errori di tipo-II (che portano ad una sovraregolamentazione, ultraprecauzione) per evitare ogni rischio (per un malinteso principio di precauzione), questi errori d'altra parte a loro non costano nulla e li proteggono da eventuali cause qualora si verifichino problemi. Sono però errori che non sono esenti da ripercussioni negative.


La Zeolina ed il principio di precauzione

Al Danforth center di St. Louis, hanno inserito il gene della zeolina nella Cassava per migliorare le diete delle popolazioni di alcuni paesi in via di sviluppo. La zeolina è una proteina di fusione tra la zeina del mais e la faseolina, una proteina di riserva del fagiolo. Sia la zeina che la faseolina non sono allergeniche (sono mangiate da centinaia di milioni di individui ogni giorno).
La cassava che esprime la zeolina presenta un aumento di 3.5 volte nel contenuto di proteine e una riduzione dei composti tossici normalmente contenuti nella cassava, rappresentando quindi un intregatore proteico importante per quelle popolazioni.

Eppure, visto che la faseolina (quella "NATURALE"!) è simile (52% di identità) a uno degli allergeni minori della soia, la beta-conglicinina, occorre dimostrare che la zeolina NON è allergenica prima di poter commercializzare il prodotto.

Cioè dovrei dimostrare la non allergenicità di un non allergene! Però non è un lavoro facile, come posso DIMOSTRARLO? Essendo poi una coltura umanitaria, dove li trovo i soldi per fare questi test per dimostrare l'indimostrabile?

Eppure, niente di tutto ciò avviene nel caso di colture trazionali, si può ottenere l’approvazione di nuove varietà di soia (allergenica), fagiolo (contenete faseolina), ma anche di pesco o patata, in cui è possibile che aumenti il contenuto di composti tossici (es. glucosidi che rilasciano cianuro o glicoalcaloidi) senza che venga richiesta alcuna analisi e valutazione preventiva.

Si può mettere sul mercato bambù che contiene quantità molto elevate di composti cianogenici o ancora semi di papavero che possono uccidere una persona per overdose, senza dover presentare nulla di ciò che invece è obbligatorio per le piante transgeniche che esprimono proteine innocue.


Il caso Starlink

Ancora più interessante il caso del mais Starlink, che era stato approvato per il solo consumo animale.

(detto en passant, solo gli americani potevano prevedere la doppia autorizzazione pensando che non ci sarebbe stato mescolamento tra filiera alimentare e zootecnica)

Questo perchè dai test di cui sopra, emergeva un medio potenziale di allergenicità in quanto la proteina Cry9C (una delle tante che si trovano nei ceppi di Bacillus thuringensis e che è stata usata nel caso dello Starlink) risultava mediamente resistente alla digestione e stabile al calore. Ciò non significa che la Cry9C sia allergenica, dice solo che ha qualche caratteristica in comune con altri allergeni.

Tracce di Starlink finirono però in alcuni tacos (specialità messicana fatta con farina di mais) e alcuni consumatori hanno sostenuto di aver avuto reazioni allergiche.
Considerando che il livello di StarLink nelle partite di mais americano variava tra 0.34 e 8 ppb (parti per miliardo) …la cosa era quantomeno improbabile, visto che gli allergeni sono in genere proteine abbondanti. Questo sentore fu confermato dai risultati dei test eseguiti al CDC (Center for disease control and Prevention) che hanno mostrato che il siero di 17 individui che avevano presentato i sintomi di reazione allergica non conteneva IgE contro la proteina Cry9C.

Non solo: la proteina Cry9C o il DNA corrispondente non sono mai stati trovati nei prodotti verso i quali i consumatori sostenevano di aver avuto la reazione allergica.

A tagliare la testa al toro ci ha pensato infine un poveraccio che ha denunciato ben 2 reazioni allergiche in 2 momenti diversi. Per fare la prova del nove si è fatto iniettare in vena un estratto di Starlink. Risultato: Zero (0) reazioni.


Take home message


In sintesi, nonostante il sentire comune, le piante transgeniche non hanno MAI causato reazioni allergiche nei consumatori. Inoltre il sistema di test in uso per l'allergenicità è talmente precauzionale che impedisce di creare OGM anche con proteine note per non essere allergeniche in quanto solo "simili" ad allergeni.

Più tranquilli adesso?

5 commenti:

Claudio Casonato ha detto...

Io tranquillo lo ero anche prima....

Grazie per l'ottimo lavoro che fate!

Anonimo ha detto...

La domanda nasce spontanea...come abbiamo fatto a sopravvivere e diventare così tanti senza??!?!

Anonimo ha detto...

Sarebbe interessante vedere quante vite la cassava modificata potrebbe salvare (ridotta tossicità - aumento di proteine nella dieta ) rispetto a quante reazioni allergiche potrebbe provocare. Insomma, vedere se il gioco vale la candela. In realtà temo che portare prove della salubrità degli OGM sia inutile. E' una questione politica, una scelta indipendente da considerazioni razionali o scientifiche. E' comodo e utile creare un mostro e poi dichiararsi combattenti contro questo mostro.

Anonimo ha detto...

@Anomino1
me lo domando anch'io. In un mondo così sporco e allergenico!

Ricordo peraltro con nostalgia i bei tempi in cui anche la specie umana era oggetto di selezione naturale al parto ed in tenera età, dove anche le malattie più banali ti ammazzavano e i prodotti alimentari non erano da meno.

Allora sì che eravamo una razza forte, non come oggi dove, a causa della nostra ipocondricità e dei "progressi" scientifici tecnologici, abbiamo accumulato decine e decine di mutazioni sfavorevoli. Mala tempora currunt.

@Anonimo2
Beh, reazioni allergiche 0, nè zeina, nè faseolina sono allergeniche.
Sul resto hai perfettamente ragione. Ma sui mostri pensavo di tornare a breve.

montmasis ha detto...

Volevo solo segnalare l'intervista a Carlo Petrini (SlowFood) su l'Espresso

http://espresso.repubblica.it/dettaglio/perche-dico-no-dieci-volte/2120670/12

e la relativa risposta di Dario Bressanini (LeScienze)

http://bressanini-lescienze.blogautore.espresso.repubblica.it/

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