giovedì 17 settembre 2009

OGM: una coesistenza naturale?

Uno dei tanti mantra della blogosfera (e non solo) anti-OGM è il pericolo contaminazione e l'impossibilità della coesistenza. Da Percy Schmeiser in giù.

Come se la mescolanza genetica fosse un problema e non una risorsa contro l'inbreeding.

Certo, la paura della coesistenza (genetica) non è nuova. Hitler, noto vegetariano ambientalista animalista ante-litteram, ad esempio, ci ha costruito sopra una fortunata (?) carriera.

Certo, questa ipocondria genetica paga ancora politicamente quando si rappresenta questa commistione, tra bianchi e neri - pardon - OGM e "naturali", come un qualcosa di anomalo e perverso. Raccontare di una sorta di radioattività genetica tipica degli OGM che consente a loro (e solo a loro) di "sporcare" il genoma naturale traformandolo automaticamente (e istantaneamente e irreversibilmente) in una sorta di Godzilla al gusto menta, evidentemente accende fantasie morbose in larghe fasce della popolazione.

Peccato che la natura abbia questo brutto vizio di contraddire i puristi e che faccia e abbia sempre fatto della mescolanza e della coesistenza (genetica in primis) una sua bandiera. Non ci credete? Beh, guardare questo tetto fotografato da un nostro caro amico durante un suo viaggio in Messico.


Non vi pare un fulgido esempio di perfetta segregazione varietale, come MADRE NATURA - secondo i puristi del no-ogm che si ergono a suoi paladini - CHIEDE? ovvero la summa dell'Apartheid genetico (tu nero sta qua, tu bianco di là e tu giallo dall'altra parte, raus!)?

Eppure a guardar bene bene, da vicino...

...si rivela in tutta la sua naturale commistione, mescolanza e coesistenza.

Per questo, per questa naturale propensione alla coesistenza della natura, voi razzisti genetici siete, e sempre sarete, destinati alla sconfitta. E' ora che ve ne facciate una ragione.
Come se la sono fatta tutti gli agricoltori (scarpe grosse - cervello fino) da quando hanno iniziato a zappare la terra*.



* Esistono norme a garanzia della coesistenza da molto prima dell’avvento delle PGM e riguardano ad esempio la purezza della semente certificata (in genere è tollerato l'1 o il 2% di seme non conforme), particolari produzioni quali il grano duro da pasta o le pratiche di agricoltura biologica.

In Italia ad esempio è proibito produrre paste secche con farina di grano tenero. Tuttavia risulta possibile trovare una certa percentuale di grano tenero in quello duro e viceversa, causata da contaminazione accidentale post raccolta. Di conseguenza gli addetti del settore si sono accordati fissando una soglia massima di grano tenero in duro del 3%.
Nel 2001 un Decreto del Presidente della Repubblica ha ufficializzato tale soglia di tolleranza.

Altre specie agrarie in taluni casi presentano specifiche soglie di tolleranza quali la colza ad alto contenuto di acido erucico (HEAR) o il mais waxy.

Colza HEAR
Essendo l’acido erucico un cardiotossico, la sua presenza nelle partite di olio di colza per uso alimentare viene tollerata solo se al di sotto del 2%. Una distanza di isolamento di 100 m tra coltivazioni di colza HEAR e colza alimentare consente comunque di mantenere il contenuto di acido erucico al di sotto dello 0,5%.

Mais waxy
Questa varietà di mais presenta un contenuto di amilopectine superiore al 99%, rispetto all’amido totale, rendendola particolarmente interessante per l’industria alimentare. Per questo il mais waxy gode di un premium price di circa il 9%. Tale premio è però subordinato a una purezza del prodotto finale almeno del 96% (4% di tolleranza).

Fonte: Coesistenza tra colture tradizionali, biologiche e geneticamente modificate. Consensus Document

5 commenti:

montmasis ha detto...

Volevo un chiarimento. come viene spesso raccontato e scritto in giro, le sementi vendute dalle multinazionali sono sterili e questo crea la dipendenza economica da parte delle piccole aziende e agricoltori etc etc (vedi Vandana Shiva). Io so invece che, per quanto riguarda gli ibridi, le sementi non sono sterili ma la seconda generazione perde necessariamente le qualita' iniziali dell'ibrido e i contadini, facendo due calcoli, scelgono di acquistare nuove sementi (correggetemi se sbaglio). DOMANDA: questo discorso non e' quindi valido per la soya roundup ready, se di fatto Percy Schmeiser e' riuscito a coltivarsi il campo riutilizzando le "proprie" sementi roundup fortuitamente trovate. Ovvero, per quanto riguarda la soya RR e' possibile riutilizzarne i semi? E per quanto riguarda il mais Bt?

Anonimo ha detto...

Caro montmasis, trovi una risposta alla tua domanda nel post l'avvocato del diavolo, qui: http://biotecnologiebastabugie.blogspot.com/2009/03/lavvocato-del-diavolo.html

In sintesi: sugli ibridi hai ragione.

Su Schmeiser bisogna fare attenzione.
Innanzitutto non in tutte le specie è facile produrre ibridi o esistono ibridi commerciali.
Ad esempio sono normalmente venduti come ibridi cotone e mais, mentre colza (varietà a impollinazione aperta) e soia (specie autogame) no.

Nel caso di Schmeiser (leggiti i nostri post a riguardo) si parla di colza e in particolare di varietà ad impollinazione aperta.

http://en.wikipedia.org/wiki/Open_pollination

Nella colza l'uso di ibridi è molto recente e risale ai primi anni 2000.

Quindi il riutizzo dei semi è possibile per tutte le specie è però sensato (e prassi) solo per soia e colza (non ibrida). Si pensi ad esmepio a Schmeiser e alla soia maradona importata illegalmente in brasile dall'argentina durante gli anni della moratoria.

Ciao

Stefano ha detto...

Leggendo il post mi è venuto un dubbio, scusate la scarsa praticità che ho sull'argomento ma anche se forse sto chiedendo cose ovvie spero possiate rispondermi:

un ogm incrociandosi con piante non ogm potrebbe trasferire il gene inserito artificialmente (mettiamo caso un insetticida)? Dunque la specie risultante sarebbe quindi favorita e prenderebbe logicamente il sopravvento su quella originale. A questo punto la mutazione inserita potrebbe portare (adesso esagero ma solo per fare l'esempio più chiaro) all'estinzione dell'insetto (penso ad un effetto tipo "primavera silenziosa" come quello avuto dal DDT)? Cosa glielo impedirebbe? La mutazione avvenuta poi non sarebbe risultato di lunghi anni di evoluzione che permetterebbero all'insetto di evolversi ugualmente velocemente, e quindi di difendersi. In parole povere: "aiutando" una specie a sopravvivere (il mais) non squilibriamo la catena alimentare e quindi l'ecosistema tutto?

Certamente vale anche per i pesticidi sintetici e naturali, ma con gli ogm l'effetto mi sembra senza ritorno, mentre un pesticida si può sempre sospendere. Anche il DDT sembrava una manna dal cielo e poi è stato vietato quasi ovunque. Cosa sarebbe successo se avessimo creato un ogm in grado di sintetizzare ddt e questo avesse preso il sopravvento sulla specie originale? Perdonate l'ingenuità e l'ignoranza ma se il blog si propone di fugare ogni dubbio... allora mi sono permesso.

Anonimo ha detto...

Beh, non è proprio così e hai fatto bene a chiederlo. Siamo qui per questo :)

Premesso che il DDT non è il demonio (su questo poi Artù ne sa più di me) ed anzi è l'unica arma davvero efficace contro la malaria e in diversi paesi "emergenti" lo stanno nuovamente usando per controllare i vettori del plasmodio...

...il trasferimento di geni che potrebbero conferire una fitness più elevata (capacità di sopravvivenza) a specie selvatiche è una possibilità che deve essere valutata nel dossier di autorizzazione di un nuovo evento OGM.

Un esempio: il mais Bt, resistente a piralide. Il mais ha parentali selvatici solo in centroamerica quindi nel resto del mondo non può avvenire nulla di quanto paventato, anche perchè in genere si usano ibridi e le sementi vengono ricomprate ogni anno.
In centroamerica, beh, le cose si complicano ma non troppo. Ad esempio potrebbe avvenire una ibridazione tra mais e teosinte, ma non è detto che il gene nell'ibrido si esprima in modo adeguato, inoltre il suo trasferimento su vasti areali richiederebbe molto tempo, alcune decine di generazioni (il polline di mais viaggia per km, ma è sensato parlare di possibilità di fecondazioni incrociate entro i 100 mt, oltre si tratta proprio di casi sporadici, in più in un ibrido solo la metà del polline conterrà il transgene). In sostanza il rischio per l'insetto è ridicolo e, anzi, è probabile che si sviluppino prima insetti resistenti alla tossina (grosso problema per mantenere l'efficacia della tecnologia) piuttosto che la tossina estingua l'insetto.

Su altre specie il discorso non è molto diverso. Unica eccezione se vogliamo è la colza (con un polline che viaggia molto ed un sistema riproduttivo che premia molto la "promisquità") ma attualmente presenta solo caratteri di tolleranza agli erbicidi che conferiscono una fitness solo nei campi coltivati.

Per chiudere, in natura il processo di coevoluzione è uno dei meccanismi fondanti dell'evoluzione. In italiano tradurremmo: fatta la legge trovato il cavillo.
Se una pianta sviluppa un sistema di difesa, il predatore o il patogeno con il tempo trovano sempre il modo di aggirarlo per tornare ad attacarla. Nessun sistema di controllo è mai definitivo, nemmeno il DDT.

Anonimo ha detto...

dimenticavo, l'impatto sugli ecosistemi dell'agricoltura in sè, è ben più importante di che cosa ci semino su quei campi.

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