Ad esempio... vediamo cos'è successo negli ultimi 50 anni in questo paese alle nostre foreste.
e proviamo ad interrogarci se questo fatto "forestale" sia o meno isolato e se abbia, magari, qualcosa a che vedere con i nostri polli...
(in questa rielaborazione del "vecchio" grafico ho introdotto 2 elementi nuovi. In verde la terra che useremmo se (pur) innovando non avessimo aumentato i nostri consumi di carne di pollo. In giallo gli ettari effettivamente oggi coltivati a mais in Italia.)
Come stanno le foreste nel nostro paese?
A nostro avviso bene, anche se sarebbe meglio farlo dire ai numeri: vediamoli.
Secondo i dati raccolti dal Corpo Forestale dello Stato dal 1950 ad oggi la superficie forestale italiana è passata da 5,6 a 10,6 milioni di ettari. Un bel +5 milioni di ettari di foreste in 50 anni. Niente male! (Tanto per capirci, corrisponde più o meno ad una superficie pari a quella di Friuli, Emilia e Toscana insieme).
Merito delle lotte di Greenpeace? Legambiente? WWF?
mmmmmmmmhmmmmmmm, dibitiamo.
Essendo però noi di parte (oggi a dire le cose come stanno si finisce sempre che si è di parte) prenderemo a prestito le parole dei professori di professione:
"[Si ha l']espansione delle foreste, per effetto soprattutto di processi di ricolonizzazione naturale di ex-coltivi abbandonati in aree montane e collinari..."
A supporto di questa ipotesi di espansione, per abbandono dei terreni marginali, vi è il fatto che il processo è visibile in più aree collinari/montuose...
...e al contempo si è assistito ad una contrazione della superfie agraria che è scesa da 22 a 14, 7 milioni di ettari. Un - 7,3 milioni di ettari!
Certo, parte di questi 7 milioni di ettari sono finiti in strade, rotonde e villette a schiera, ma buona parte sono diventati foreste... tanto che c'è chi si interroga su come coltivare queste aree in modo efficiente (sì, anche i boschi vanno coltivati, cosa pensavate?) e chi lamenta addirittura una "banalizzazione" del paesaggio montano.
Alcune riflessioni (per farla breve)
Questo aumento dei boschi è stato causato principalmente dalla messa fuori mercato delle agricolture marginali.
Dopotutto, quale significato economico ha oggi coltivare il grano a 2.000 metri o sui terrazzamente apenninici?
Questa pratica, rilanciata dalla battaglia del grano, ha avuto un suo significato fino a circa gli anni '50, anche se ancora oggi qualcuno tenta di preservarla - con alterni risultati.
Oggi, grazie all'efficienza dell'agricoltura di pianura, moltissime aree messe a coltura in quegli anni sono state nuovamente rese all'ambiente.
Ed ecco qui 2 osservazioni su cui riflettere:
1) Senza innovazione non ci può essere un progetto per la sostenibilità.
E' evidente come l'innovazione abbia aiutato a contenere l'impatto ambientale agricolo collegato all'aumento della produzione e del consumo di carne. Ancor più evidente è l'impatto dell'innovazione su di un mercato che si presentasse a domanda pressochè costante (quale quello del consumo di carne oggi in Italia, ormai saturo).
In sostanza l'innovazione agricola consente un uso razionale delle risorse (in ogni scenario), non riconoscerlo significa condannarsi a sprecare risorse in un mondo che non è che oggi ne abbondi.
2) La razionalizzazione delle risorse porta alla tutela ambientale.
Sebbene sia ovvia l'osservazione che se si ha fame si coltiva ogni centimetro di terra utile e si mangia qualunque cosa, sfruttando tutte e totalmente le risorse disponibili (mors tua, vita mea), lo è meno la coscienza che un uso razionale delle risorse porta a politiche (in alcuni casi quasi strutturalmente) ambientaliste. Questo è ad esempio il caso delle foreste italiane che senza innovazione agricola non esisterebbero, mentre oggi ci interroghiamo non tanto su come crearle o preservarle, ma semmai su come valorizzarle, visto che circa la metà è incolta.
Nota a Margine
Qualcuno potrebbe obiettare che noi (Italia), nonostante l'innovazione, non siamo autosufficienti. Vero. Questo però significa, in termini globali, che tutto ciò che ci serve e non ci produciamo da soli, lo dobbiamo far produrre a qualcun altro che userà terra sua (con tutto ciò che ne consegue) per soddisfare i nostri bisogni.
Ovvero: più inefficienti saremo e più creeremo ed esporteremo problematiche ambientali.
Meglio innovare, no?
21 commenti:
Grande, grande post...
Non posso che concordare.
Invunche?
Per la riduzione delle superfici italiane mi sembra un punto di vista parziale:
Il mercato globale impone di produrre dove costa meno, ecco perchè in Italia le aree agricole si sono ridotte: abbiamo monti e colline.
Andiamo a vedere la deforestazione in altri paesi:
In Brasile si deforesta per produrre soia per i bovini.
In Polonia negli ultimi decenni l'agricoltura ha assunto un ruolo importante grazie ad un terreno particolarmente fertile.
Senza parlare dei paesi asiatici che sono diventati il granaio mondiale.
O ancora gli USA o l'Argentina, altri grandi produttori (tutti ovviamente con le caratteristiche geomorfologiche differenti rispetto all'Italia, da cui il ragionamento di sopra).
Non ho controllato le superfici boschive di questi paesi, ma credo che si siano ridotte fortemente negli ultimi 50anni..cercherò dati per confermare o sconfessare questa tesi.
Comunque sia mi pare difficile poter inquadrare localmente un settore che negli ultimi 50 anni ha visto un mutamento così profondo.
Andiamo poi alla modalità con cui si aumentano le produzioni agricole: si fanno uso di derivati del petrolio, non si considera il bilancio della sostanza organica con la conseguenza che dal 3% di sostanza organica nel terreno di 30 anni fa siamo arrivati a valori intorno all'1% se non meno. Una situazione insostenibile. Il tutto per un processo di industrializzazione e di globalizzazione che impone la riduzione insensata dei costi. Trasportare e spargere letame è più oneroso che comprare e distribuire fertilizzanti, le conseguenze sono una perdita di fertilità dei terreni che conseguentemente desertificano (non parlo dell'Africa ma della Val Padana).
Ora, considerare semplicemente il settore avicolo non so quanto possa essere significativo per un processo che, a fronte di alcuni vantaggi rischia di destabilizzare le basi di ogni civiltà.
Concludo con la nota "esportare le problematiche ambientali". Non credo sia un problema tecnologico o non del tutto: la produzione manifatturiera ad esempio si sposta in Cina non per un problema tecnologico ma meramente economico.
Saluti
"dal 3% di sostanza organica nel terreno di 30 anni fa siamo arrivati a valori intorno all'1% se non meno".
Da dove arriva questa incredibile affermazione? Hai un'idea, Luca, della variabilità della composizione dei terreni anche solo prendendo in considerazione piccoli areali? E questo dato si riferisce a quale strato del terreno? I primi 5-10-20-40 centimetri? E poi; desertificazione dei terreni della Val Padana?
Sei sicuro di quanto stai dicendo, Luca, o stai ripetendo a pappagallo le stupidaggini di gente come Petrini?
Per i dati sulle percentuali di sostanza organica sto ripetendo le affermazioni dei docenti della Facoltà di Agraria di Scienze e Tecnologie agrarie dell'Università Politecnica delle Marche.
Per le profondità si riferiscono ovviamente a quelle delle analisi quindi intorno ai 40 cm. Ma non va dimenticato che le lavorazioni medio profonde arrivano facilmente a 60 cm, quindi potremmo dire che le analisi interessano i primi 60 cm di suolo, una porzione di terreno utile alle piante erbacee poichè vi si concentra la maggior parte dell'apparato radicale.
Per la desertificazione invece li leggo sui report di organizzazioni ambientaliste, fuori ogni dubbio, anche perchè non sono riuscito a trovare altri studi..se ne hai altri inseriscili pure nei commenti. Ora che ho un po' di tempo potrei pure approfondire.
Link desertificazione
PDF ARPA Emilia Romagna sulla desertificazione
www.agrometeorologia.it/documenti/atti_2007/PrimaSezione.pdf
Nota: certo, parlarne adesso sembra essere anacronistico con tutto quello che ha piovuto, ma secondo questo studio del 2007 c'è il rischio desertificazione per la Pianura Padana.
Luca, ma cosa stai dicendo? Ma chi è che fa le arature a 60 cm, ormai? E poi, ripeto, di quali terreni stai parlando? Solo nella mia azienda di 4 ettari tre quarti della superficie sono di un medio impasto, mentre il resto è molto più magro e ricco di scheletro (e dove, se ci portassi il letame, sarebbe mineralizzato in un batter d'occhio).
Ma poi, Luca, ci sono terreni sabbiosi, argillosi, limosi, torbosi, terreni naturalmente più ricchi di s.o. e terreni che ne hanno pochissima. Come si fa a fare considerazioni come quelle che hai fatto tu?
E poi, sulla desertificazione. Certo, c'è già chi guarda avanti, dà per scontato il cambiamento climatico e vede il margine settentrionale del Sahara alzarsi a vista d'occhio fino alla pianura Padana. Ma questo cosa c'entra con la letamazione?
A proposito di letamazione. In Italia, l'allevamento degli animali mi è parso di capire sia molto diffuso. Dove credi che vadano a finire gli escrementi di tutti quei milioni di povere bestie?
Avvertenza ai lettori: tutti i post pubblicati da questo blog sono frutto di sintesi e approssimazioni, non pretendono essere nè esaustivi, nè di presentare una verità assoluta.
Questa precisazione mi pareva doverosa. Nessuno dei BBB! è tuttologo e nemmeno il più bravo dei particolarologi. Quello che si cerca di fare qui è di far emergere (anche provocatoriamente) alcuni particolari di rilevanza fondamentale che però, chissà perchè, non entrano mai nell'arena del pubblico dibattito.
@Luca. Il pensiero sulle foreste globali era venuto anche a me, ma poi (v. sopra) per motivi di spazio ho preferito tagliarlo.
Per rispondere alle tue domande:
1) senza innovazione altro che 5 milioni di ettari di foreste in più! Questo è un dato oggettivo. Magari ci si tornerà ancora per spiegare meglio la cosa.
2) La delocalizzazione delle produzioni è una innovazione anch'essa importante. Vado a produrre in quelle aree del mondo in cui il terreno è migliore e libero alla biodiversità le aree marginali (in genere più ricche di specie - e.g. paludi, aree collinari, ecc...).
3) Anche in Polonia le foreste sono aumentate negli ultimi 15 anni (di uno 0,2%, ma sono aumentate).
4) Il Brasile in questi 15 anni ha perso solo 2,5 milioni di ettari di foresta (lo 0,5%).
5) A livello mondiale, sempre negli ultimi 15 anni, abbiamo perso solo 8,8 milioni di ettari di foreste, ovvero lo 0,22% dei 4 miliadi di ettari che abbiamo sul pianeta. Non una grande catastrofe.
6) Nel frattanto la popolazione mondiale è aumentata da 5.2 miliardi del 1990 a 6.5 miliardi del 2005. Più di un miliardo di bocche in più da sfamare.
7) Senza innovazione dove avremmo prodotto il cibo che serviva anche a loro? Non è che avremmo disboscato un pochino? Va poi rilevato che la fame globale (in termini percentuali) in questi anni è diminuita, non risolta, ma senza dubbio diminuita.
I dati forestali li trovi qui:
http://www.fao.org/forestry/32033/en/
Ciao!
PS continuate la discussione sulla s.o. che mi interessa...
PPS fonti migliori di quelle ambientaliste non ne hai? Mi pare che in questo blog le si sia già sufficientemente screditate come qualità, serietà e soprattutto credibilità.
@bacillus
Dunque, oramai ovviamente quasi nessuno lavora a 60 cm,va da se, però le serie storiche, perchè è di quello che si stava parlando facevano riferimento a quei 60 cm che fino a 10 anni fa erano normali.
Nel tuo terreno hai le analisi della concentrazione della sostanza organica?
Hai dati che ne evidenzino l'evoluzione? Perchè sennò possiamo parlare quanto vogliamo senza raggiungere una conclusione. Se poi mi dici che ci sono terreni naturalmente ricchi in sostanza organica ed altri poveri, questo ovviamente dipende dall'evoluzione storica che ha avuto l'appezzamento, non è che da una roccia si produca sostanza organica tout court.
Il discorso della desertificazione c'entra con la letamazione in quanto un terreno sterile ha livelli minimi di sostanza organica (e di humus) e quindi non possiede una struttura tale da poter trattenere acqua e quindi desertifica in condizioni -chiaramente- di ridotto apporto idrico che è vero che si porteranno pure avanti e sono previsioni, ma se voi mi parlate tanto di scienza non si capisce perchè un OGM è scienza buona, mentre diversi ricercatori che sostengono che si potrebbe correre questo rischio sono degli idioti. Mi sembra un po' di paraculismo.
Per le letamazioni, tu vuoi forse dirmi che tutto il liquame prodotto dagli allevamenti di suini viene forse distribuito nel terreno? E le stalle forniscono letame da distribuire agli agricoltori che quindi ne fanno un grande uso?! Da quel poco che so io questo è un sogno, nella realtà liquami e letame sono dei rifiuti speciali (recentemente è cambiata la legislazione al riguardo) che vengono trattati come tali. Per gli allevatori sono un rifiuto, per gli agricoltori una risorsa, ma tra trasporto e distribuzione i costi sono limitanti così da disincentivare questa prassi e rimangono rifiuti o attualmente vengono digeriti per produrre biogas.
Il tuo terreno giustamente mineralizza la sostanza organica, ma se è troppo areato o a seguito delle lavorazioni stesse non rimane della sostanza organica che potrebbe trasformarsi in humus e quindi avere effetti strutturali sul terreno stesso. È ovvio che non sia la sostanza organica in se e per se, ma la sua trasformazione in humus quella che conta, pensavo fosse ovvio.
Non capisco proprio il tuo discorso dei tipi di terreni sabbiosi, argillosi, limosi...da quello che dici mi pare che ci sia un po' di confusione tra la tessitura del terreno e la struttura nonchè le diverse frazioni del terreno..ma probabilmente ho capito male (non è ironico, scrivendo capita di far passare un pensiero per un altro)
Infine ringrazio Lancillotto per la fonte e per i dati...me li studierò per cercare di controbattere, non posso fare una così pessima figura!! =D
Poi chiaro che da parte mia il problema è opposto, a mio avviso è sbagliata una popolazione mondiale di tale entità e di tali consumi, ma ormai... =)
Lancillotto, devo dire che sei preparatissimo, ma c'è qualcosa su cui non avete sempre una risposta pronta?
Mi sono perso un attimo invece sul perché stiamo discutendo dell'aratura a 60 cm. Qualcuno mi rinfresca?
Mentre quell'anima candida di Marco 78 non ha ancora capito che si parla di arature semplicemente perché si sta trattando argomenti riguardanti l'agricoltura ed in particolare il terreno agricolo, provo a tornare insieme al caro Luca (con la speranza di concludere) sul discorso s.o.
Credo che finalmente siamo arrivati alla banale, banalissima, stupidamente ovvia conclusione che la natura dei terreni è estremamente variabile, per giacitura, tessitura, struttura, evoluzione storica, e di conseguenza per dotazione di s.o., capacità di ritenzione idrica, fertilità in genere. Da questa banale, banalissima, stupidamente ovvia constatazione, si può facilmente dedurre che l'affermazione che tu hai fatto, Luca, per cui "dal 3% di sostanza organica nel terreno di 30 anni fa siamo arrivati a valori intorno all'1% se non meno" è del tutto senza senso, non ha alcun fondamento, è del tutto illogica e gratuita. Si tratta di un luogo comune costruito ad arte (si fa per dire) per ingenerare nell'uomo comune la convinzione che gli agricoltori da 30 anni a questa parte hanno operato un costante depauperamento delle risorse agricole, hanno agito per puri interessi speculativi a scapito dell'ambiente e contro una tradizione secolare che aveva instaurato un rapporto perfetto tra contadino e natura.
Non è sulla base di questi argomenti che si può costruire un ragionamento. Tempo fa, discutendo su un altro blog, una gentile interlocutrice (a cui in fondo lì ci siamo tutti affezionati) - un'aperta sostenitrice del “biologico” rigorosamente italiano – disse che i “terreni italiani sono migliori di quelli cinesi”. Un'affermazione che, in quanto ad infondatezza (ed a contenuto umoristico), fa il paio con la tua riguardo la s.o.
Ma fermiamoci qui, temo di aver sprecato fin troppe parole per spiegare questa semplice evidenza.
[Avrei altre argomentazioni in merito, ma insomma, sono pur sempre un contadino e per me è faticoso buttar giù anche solo due righe... tra l'altro là fuori ci sono sempre quei quattro ettari di vigna da potare... ma sulla questione ci torno presto :-) ]
Bah, non scriverò più della sostanza organica (anche se avrei altro da dire, il tuo discorso non mi pare molto sensato ed ai fatti non hai fornito motivazioni oggettive..dire che sono diversi e quindi non può essere così non lo posso definire oggettivo).
Auguro a tutti Buone Feste..bye bye
scusa lancillotto,
ma dalle tue cifre non risulta chiaro il quadro globale
dici che:
4) Il Brasile in questi 15 anni ha perso solo 2,5 milioni di ettari di foresta (lo 0,5%).
cosa vuol dire?
mi spiego: 2,5 milioni di ettari (!) di foresta significa che piu' di un quarto di tutta la superficie brasiliana è stata "tagliata" e questo in 15 anni!! sembra poco?
e quello 0,5 vicino cosa rappresenta?
la percentuale di perdita ANNUA di terreni a foresta, come lo 0,22 del livello mondiale da te citato...
0,22x15= 3,3
il 3% in 15 anni!!
secondo me è una catastrofe.....
controlla le fonti in italiano:
http://www.fao.org/newsroom/it/news/2007/1000506/index.html
cia
@ etcipiente.
Sì, lo 0.5 fa riferimento alla perdita annua. Sta però attento ai numeri!
Brasile: 2,5 milioni di ettari/anno su di una superficie forestale di 478 milioni di ettari di foresta, ribadisco, non mi pare una catastrofe.
(NB: la superficie del Brasile è di 850 milioni di ettari! e non di 160 come ne esce dai tuoi conti.
Certo si può (si deve) fare di più e meglio, ma questo è possibile solo innovando! eheh
@ Marco78.
Non esageriamo, ma grazie.
@ Bacillus e Luca M.
Buon Natale e siate tutti più buoni! ;P
Buon Natale a tutti quelli di BBB. Ma non chiedetemi di essere più buono...
Ciao!
L'altro giorno ero da un mio amico viticoltore a sistemargli il pc e mi è capitato sottomano un piccolo librettino edito dalla regione FVG relativo alla “gestione dei rapporti” (diciamo così) con il... cinghiale.
Eh, sì, perché mai come ora quella simpatica bestiola ha avuto una diffusione così ampia in tutto il territorio nazionale, al punto che risulta essere un problema serio di convivenza con l'attività agricola.
I dati che si potevano leggere in quel libretto evidenziavano come ad esempio nella mia regione, dagli inizi del '900 ad oggi, la popolazione di cinghiali sia più che quadruplicata. In genere, in tutta Italia, gli areali popolati dal suide si sono ampliati enormemente: tutto l'arco alpino e vaste zone pedemontane, gli Appennini, l'intera Sardegna e così via. Agli inizi del secolo scorso gli habitat del cinghiale erano molto più contenuti. Tutto questo proprio perché vi è stato il progressivo abbandono di aree rurali poco redditizie.
Fenomeno ecologicamente interessante, direi. Un altro merito dell'intensivizzazione dell'agricoltura.
l'agricoltura delle "innovazioni", questa formidabile "politica ambientalista", in questo blog assurge a livelli cui nemmeno le panacee omeopatiche ambiscono.
da sola risolve fame nel mondo, deforestazione, problemi demografici dei cinghiali.
deve avercela donata dio.
Finalmente, invunche, hai scritto qualcosa che ho capito anch'io. Grazie. Sei un buono.
Un buono? Devo dire che pur capendo la grammatica mi sfugge ancora il collegamento con quanto si diceva. Per come la vedo io senza innovazione non si va da nessuna parte. Come è possibile essere essere sostenibili senza innovazione?
la sostenibilità!
come ho fatto a dimenticarmene?
santa Innovazione, quante virtù!
Marco, non ci sarebbe da perdere tempo dietro uno come il “(poco) simpatico invunche”, se non per osservare il misero approccio dialettico di chi evidentemente si trova disperatamente privo di argomenti. Ho definito per me “comprensibile” un commento in cui era evidente l'intenzione di ironizzare sugli argomenti emersi in questo post, in contrapposizione ad altri interventi di cui era francamente difficile decifrare il senso.
Ma se uno volesse opporsi a quanto qui sostenuto direbbe un qualcosa del tipo “no, la deforestazione c'è, è colpa dell'agricoltura moderna e ve lo dimostro”. Invece no, ci si limita a battutine cretine e ad autoproclamazioni gratuite (il “buon” invunche) che non fanno altro che dimostrare l'impotenza intellettuale e la ferma convinzione ideologica.
Io penso che l'ambiente non abbia bisogno di questi ambientalisti.
impotenza intellettuale?
è un dato di fatto, bacillus, che raramente capisci quello che scrivo.
difficile credere che ciò sia scollegato da circostanze come l'appiopparmi un termine ("buono") e, dopo poche righe, ritenere una "autoproclamazione" l'uso ironico che ne faccio.
acclarato questo, inutile stare a discutere delle mie presunte ideologie.
rimarco: PRESUNTE.
sulla base di NIENTE.
posso parlare seriamente, certo, ma nel caso esigo dal mio interlocutore almeno due requisiti:
1. capacità adeguate;
2. onestà.
Posta un commento