Ad esempio... vediamo cos'è successo negli ultimi 50 anni in questo paese alle nostre foreste.

e proviamo ad interrogarci se questo fatto "forestale" sia o meno isolato e se abbia, magari, qualcosa a che vedere con i nostri polli...

Come stanno le foreste nel nostro paese?
A nostro avviso bene, anche se sarebbe meglio farlo dire ai numeri: vediamoli.

Merito delle lotte di Greenpeace? Legambiente? WWF?
mmmmmmmmhmmmmmmm, dibitiamo.
Essendo però noi di parte (oggi a dire le cose come stanno si finisce sempre che si è di parte) prenderemo a prestito le parole dei professori di professione:
"[Si ha l']espansione delle foreste, per effetto soprattutto di processi di ricolonizzazione naturale di ex-coltivi abbandonati in aree montane e collinari..."
A supporto di questa ipotesi di espansione, per abbandono dei terreni marginali, vi è il fatto che il processo è visibile in più aree collinari/montuose...

...e al contempo si è assistito ad una contrazione della superfie agraria che è scesa da 22 a 14, 7 milioni di ettari. Un - 7,3 milioni di ettari!

Certo, parte di questi 7 milioni di ettari sono finiti in strade, rotonde e villette a schiera, ma buona parte sono diventati foreste... tanto che c'è chi si interroga su come coltivare queste aree in modo efficiente (sì, anche i boschi vanno coltivati, cosa pensavate?) e chi lamenta addirittura una "banalizzazione" del paesaggio montano.
Alcune riflessioni (per farla breve)
Questo aumento dei boschi è stato causato principalmente dalla messa fuori mercato delle agricolture marginali.

Questa pratica, rilanciata dalla battaglia del grano, ha avuto un suo significato fino a circa gli anni '50, anche se ancora oggi qualcuno tenta di preservarla - con alterni risultati.
Oggi, grazie all'efficienza dell'agricoltura di pianura, moltissime aree messe a coltura in quegli anni sono state nuovamente rese all'ambiente.
Ed ecco qui 2 osservazioni su cui riflettere:
1) Senza innovazione non ci può essere un progetto per la sostenibilità.
E' evidente come l'innovazione abbia aiutato a contenere l'impatto ambientale agricolo collegato all'aumento della produzione e del consumo di carne. Ancor più evidente è l'impatto dell'innovazione su di un mercato che si presentasse a domanda pressochè costante (quale quello del consumo di carne oggi in Italia, ormai saturo).
In sostanza l'innovazione agricola consente un uso razionale delle risorse (in ogni scenario), non riconoscerlo significa condannarsi a sprecare risorse in un mondo che non è che oggi ne abbondi.

2) La razionalizzazione delle risorse porta alla tutela ambientale.
Sebbene sia ovvia l'osservazione che se si ha fame si coltiva ogni centimetro di terra utile e si mangia qualunque cosa, sfruttando tutte e totalmente le risorse disponibili (mors tua, vita mea), lo è meno la coscienza che un uso razionale delle risorse porta a politiche (in alcuni casi quasi strutturalmente) ambientaliste. Questo è ad esempio il caso delle foreste italiane che senza innovazione agricola non esisterebbero, mentre oggi ci interroghiamo non tanto su come crearle o preservarle, ma semmai su come valorizzarle, visto che circa la metà è incolta.
Nota a Margine
Qualcuno potrebbe obiettare che noi (Italia), nonostante l'innovazione, non siamo autosufficienti. Vero. Questo però significa, in termini globali, che tutto ciò che ci serve e non ci produciamo da soli, lo dobbiamo far produrre a qualcun altro che userà terra sua (con tutto ciò che ne consegue) per soddisfare i nostri bisogni.
Ovvero: più inefficienti saremo e più creeremo ed esporteremo problematiche ambientali.
Meglio innovare, no?